OMEOPATIA scienza o fantasia ?


La grande differenza tra la medicina classica e l'omeopatia (dal greco homoios, simile, e pathos, malattia) sta proprio nella sua definizione, coniata nella prima metà del XIX secolo dallo stesso fondatore, il medico tedesco Samuel Hahnemann. Alla base della medicina omeopatica sta infatti l'indimostrata legge di similitudine, concetto espresso da Hahnemann, secondo il quale una sostanza assunta a dosi ponderali può provocare in un individuo sano sintomi e segni patologici, mentre la stessa sostanza somministrata in dosi infinitesimali, può guarire una persona malata con gli stessi sintomi. Si tratta di un concetto privo di fondamento scientifico.
 
La sostanza utilizzata per curare la patologia identificata, è detta anche "principio omeopatico", ed una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità fortemente diluita e dinamizzata.
Curare significa per il medico omeopata confrontare i sintomi riferiti dal soggetto malato con i sintomi indotti dalle sostanze sperimentate e somministrare al paziente quel rimedio che nel soggetto sano provoca una sindrome simile.

Limitazioni e criticità nell’omeopatia

Allo stato attuale, nessuno studio scientifico, pubblicato su riviste di valore riconosciuto, ha potuto dimostrare che l'omeopatia presenti una minima efficacia per una qualsiasi patologia.
Gli unici risultati statisticamente significativi sono confrontabili con quelli derivanti dall'effetto placebo e quindi non dal farmaco assunto dal paziente.

Diversi studi clinici condotti su singoli rimedi o sul trattamento di specifiche patologie, dimostrano che gli esiti appaiono assolutamente in linea col noto effetto placebo.
Inoltre nel febbraio 2010 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca sulle prove di efficacia dell'omeopatia, condotta nel 2009 e 2010 dalla commissione Science and Technology della Camera dei Comuni britannica: lo studio conclude che l'omeopatia non ha effetti superiori a quelli di un placebo. La commissione la considera pertanto un "trattamento placebo" (placebo treatment) e dichiara che sarebbe una "cattiva pratica medica" (bad medicine) prescrivere placebo puri.
Mancanza di efficacia terapeutica

La validità dell'omeopatia non è mai stata dimostrata mediante esperimenti o ricerche. Gli studi condotti in base ai principi della scienza medica ne hanno viceversa dimostrato l'inefficacia in quanto incompatibile con le odierne conoscenze chimiche, biologiche e farmacologiche.

L'opinione degli omeopati, contraria all'evidenza scientifica, è che diluizioni maggiori della stessa sostanza non provocherebbero una riduzione dell'effetto farmacologico, bensì un suo potenziamento. In realtà le diluizioni usate nell'omeopatia sono così elevate da rendere il prodotto omeopatico semplicemente composto dall'eccipiente usato per la diluizione (acqua, zucchero o amido o altro solvente).
Si ricorda infatti, che per produrre l’effetto desiderato il farmaco deve avere una concentrazione tale da poter produrre una risposta farmacologica di una certa intensità (dose efficace). Concentrazioni più basse daranno risposte sempre minori fino a non produrre alcuna risposta nel paziente. In particolare, una concentrazione del farmaco inferiore a quella della sua dose minima efficace non produrrà alcuna risposta farmacologica.

Diluizioni e principi di Chimica


La diluizione, concetto fondamentale sul quale si appuntano le critiche maggiori, viene detta in omeopatia "potenza". Le potenze sono in realtà diluizioni 1 a 100 (potenze centesimali o potenze C o anche CH) o diluizioni 1 a 10 (potenze decimali o potenze D o anche DH). In una diluizione C una parte di sostanza viene diluita in 99 parti di diluente e successivamente "dinamizzata", ovvero agitata con forza secondo un procedimento chiamato dagli omeopati "succussione"; in una diluizione D, invece, una parte di sostanza viene diluita in 9 parti di diluente e sottoposta poi alla stessa dinamizzazione.
I solidi insolubili vengono triturati e diluiti un certo numero di volte con zuccheri (ad esempio lattosio) e successivamente diluiti in acqua.
Ogni sostanza omeopatica pronta per l'impiego riporta il tipo di diluizione e la potenza. Ad esempio, in un rimedio con potenza 12CH la sostanza originaria è stata diluita ogni volta 1 a 100 per 12 volte, per un totale di una parte su 10012.
Una potenza 12D, equivale invece ad una soluzione la cui concentrazione è una parte su un milione di milioni (1012).
Numerosi preparati omeopatici sono diluiti a potenze ancora maggiori, in qualche caso sino a 30CH ed oltre.
A potenze elevate, e in particolare a partire proprio da 12C o da 24D, le leggi della chimica provano che il prodotto finale è così diluito da non contenere più neppure una molecola della sostanza di partenza. Infatti, il numero di molecole contenuto in una mole di sostanza è dato dal numero di Avogadro, che è uguale a circa 1024 molecole/mole (6,02214179(30) 1023 mol −1): quindi, mediante una diluizione 12C o una 24D della stessa mole di sostanza, si raggiunge un livello di concentrazione pari a 0,6022 molecole, il che comporta, (premesso che ogni molecola è di per sé indivisa) che l'ultimo quantitativo di soluzione contenga una sola molecola del farmaco, su 6,02214179x1023 molecole di solvente. Diluizioni ulteriori della sostanza risultano quindi prive di qualunque traccia della sostanza stessa. Questa esigua ed incerta presenza del rimedio omeopatico di partenza, dopo la preparazione per diluizioni successive, rende indistinguibili preparati omeopatici originariamente diversi fra loro e destinati a specifiche terapie. Infatti, se dopo le succussioni, a un certo numero di contenitori di preparazioni diverse fra loro vengono rimosse le etichette identificative e gli stessi disposti in ordine del tutto casuale, non esiste alcun metodo di analisi chimico-fisica che possa distinguerli, consentendo di riposizionare su ciascuno dei medesimi le etichette originali.

L’omeopatia non è fitoterapia !

È diffusa l’opinione, totalmente errata, che l’omeopatia sia una sorta di fitoterapia o addirittura di erboristeria. La confusione nasce probabilmente da concetti come il cosiddetto “naturale” o perché molti medicinali omeopatici hanno come principio una sostanza di origine vegetale. L’omeopatia non ha nulla a che vedere con la fitoterapia. Quest’ultima, utilizza molecole estratte da piante o parti di esse (fitocomplessi o estratti standardizzati) a concentrazioni in cui valgono le leggi della chimica, paragonabili a quelle dei farmaci convenzionali e di comprovata efficacia terapeutica. Inoltre, la differenza sostanziale è sul principio poiché la fitoterapia si avvale della sostanza/fitocomplesso che elimina o riduce la malattia/disturbo, l'omeopatia impiega invece quella che la provoca.


Aspetti legislativi

Nonostante non sia stata prodotta alcuna prova, accettata dalla comunità scientifica internazionale, che l'omeopatia sia una metodica valida. Tuttavia la legislazione delle diverse nazioni ne ha inquadrato l'utilizzo. La direttiva 2001/83/CE dell'Unione Europea definisce medicinale omeopatico "ogni medicinale ottenuto a partire da sostanze denominate materiali di partenza per preparazioni omeopatiche o ceppi omeopatici, secondo un processo di produzione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate ufficialmente negli Stati membri della Comunità europea; un medicinale omeopatico può contenere più sostanze". Tuttavia, (qui la prima contraddizione), l'art. 8 della suddetta direttiva prescrive chiaramente che il foglietto illustrativo o la confezione debba riportare obbligatoriamente la seguente dicitura "senza indicazioni terapeutiche approvate". In modo tale da garantire informazione e cautela. Tale paradossale definizione, da una parte, inquadra il preparato come "medicinale”, dall'altro obbliga il produttore a dichiararne la sostanziale inefficacia ai fini terapeutici.
Inoltre, sempre la legislazione corrente vieta la pubblicità dei medicinali omeopatici ed anche il foglietto illustrativo è assente in confezione (per il semplice motivo che il produttore non potrebbe riportare alcuna indicazione terapeutica comprovata e dimostrata). Ne consegue che, a parte l'automedicazione, solo il medico o il farmacista possono, rispettivamente, prescrivere o consigliare un prodotto omeopatico al posto di uno convenzionale. Con ciò appare piuttosto evidente, che anche in questo caso, vi è un’ altra contraddizione da parte del legislatore. Ovvero, da una parte si definisce il preparato omeopatico "medicinale" e si obbliga a venderlo solo in farmacia, dall'altra si obbliga a trattarlo, dal punto di vista informativo, per quello che sostanzialmente è: nulla.
Un'altra contraddizione sta nel fatto che il medicinale omeopatico, in diversi casi costituito esclusivamente da zucchero o acqua (vedi oscillococcinum), debba essere solo prescritto da medici (o pediatri o veterinari) oppure suggerito dal farmacista, e comunque venduto esclusivamente in farmacia. Questo però deriva dal semplice fatto che, per legge, il prodotto omeopatico è “medicinale” e pertanto solo i farmacisti possono fornirlo al paziente (o il medico se lo prepara egli stesso).
Tale situazione, porta a confondere il cittadino in quanto si potrebbe intendere che i preparati omeopatici abbiano una qualche utilità, quando invece è dimostrato il contrario. 

Bibliografia:

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